Cesare Damiano equità sociale no conflitto politico sociale

Fra le tante voci che si susseguono sul tema previdenziale sempre più traballante, si aggiunge anche la voce del ministro Calenda che propone in prima linea investimenti e competitività, proposte inaccettabili come inaccettabili le proposte di Enrico Zanetti che si allineano con Calenda, l’equità sociale a cui si aspira con le modifiche alla legge previdenziale Fornero 2011 eviterebbe un conflitto politico-sociale che si innescherebbe se ciò non si attuasse e lo dichiara senza mezzi termini Cesare Damiano, presidente Commissione Lavoro alla Camera, in pressing con il Governo chiedendo 2 miliardi di euro  ai quali aggiungere le risorse già accantonate del Fondo esodati, di Opzione Donna e dei lavori usuranti; ricorda, Damiano, al ministro Calenda: ‘Sfugge a Calenda il fatto che, secondo il Def dello scorso aprile, i risparmi che si realizzeranno dal sistema pensionistico da qui al 2050 con le riforme del 2004, 2007 e 2011, ammonteranno a 900 miliardi di euro, vale a dire circa il 40% del totale del debito pubblico italiano? Oppure che i contratti di lavoro pubblici sono bloccati da ormai 7 anni? Se accanto agli investimenti, il governo non sceglierà anche gli interventi sull’equità, sarà inevitabile un conflitto politico e sociale’.

Sì ALL'EQUITà SOCIALE NO AL CONFLITTO POLITICO SOCIALE
CESARE DAMIANO

I recenti dati dell’Istat sulla situazione economica italiana bloccata e il Pil fermo non aiutano certamente la soluzione dei vari problemi relativi alla questione previdenziale ma ciò che si evince dalle testate giornalistiche e del web. è che ormai sono più e più voci che si levano in favore alla crescita e agli investimenti quale priorità primaria, allontanando il tema previdenziale, sul quale milioni di lavoratori e pensionati fidano in una soluzione per il prossimo settembre,  l’ammonimento di Cesare Damiano verso il Governo e al premier Renzi in particolare: ‘Il tavolo di confronto con il sindacato ha individuato prime soluzioni sui temi del lavoro e della previdenza, ma la loro soluzione comporta lo stanziamento di risorse adeguate’ – ‘Flessibilità delle pensioni e incremento della quattordicesima richiedono uno stanziamento minimo di due miliardi di euro per essere minimamente efficaci. Renzi su questi argomenti si è impegnato e indietro non si può tornare’, significa un timore verso le soluzioni che pensionati e lavoratori si aspettano per non essere messi al palo come di consueto, gravandoli ulteriormente di oneri e togliendo loro l’equità sociale che si aspettano ormai da lungo tempo.

Cesare Damiano oppone alle dichiarazioni del ministro Calenda le sue argomentazioni: ‘Le dichiarazioni del ministro Calenda, se diventassero la linea del Governo nella prossima legge di Bilancio, sarebbe inaccettabile. Siamo tornati alla riproposizione della vecchia e stantia politica dei due tempi: prima gli investimenti e la competitività e poi l’equità sociale. I lavoratori e i pensionati sono stanchi di aspettare il “sol dell’avvenire”. I sacrifici sono stati fatti abbondantemente: sulle pensioni, sul lavoro e sul blocco dei contratti’; uno scontro ideologico che mette in primo piano l’essere umano con i suoi diritti ed esigenze di fronte agli investimenti e alla competitività, uno scontro politico-sociale attualmente non gioverebbe di certo ad una stabilità economica ma creerebbe un abisso tra cittadino e istituzioni incolmabile.

Per quanto riguarda i costi, sempre presenti per le mancanze di risorse finanziarie, Damiano prosegue il suo intervento: ‘E’ mai possibile che non si possa intaccare questo colossale trasferimento di risorse a copertura del debito che ha colpito il nostro Stato sociale per utilizzare qualche decina di miliardi per la flessibilità’?’ – ‘Quanto ai costi bisogna partire dalla proposta promossa dal Pd nel 2013 di cui sono primo firmatario: se si sostiene che, consentendo ai lavoratori di andare in pensione con 62 anni di eta’ e 35 di contributi e con una penalità dell’8%, tutti sceglieranno immediatamente quella soluzione, si e’ capito poco delle scelte dei lavoratori. Chi fa un lavoro pesante si vorrà ritirare, chi ce l’ha gratificante vorrà proseguire magari fino a 70 anni’ –  ‘Infine, non si considerano i risparmi di Cassa integrazione e il fatto che molti esodati non ancora tutelati potrebbero optare per questa soluzione: anche in questo caso si tratta di risparmi’; sottolineando con queste dichiarazioni la poca capacità del Governo nell’amministrare le risorse delle casse statali, la poca lungimiranza nel non affrontare il tema previdenziale con le risorse in suo possesso e l’inaffidabilità dei maggiori esponenti politici, i quali pensano che lavoratori e pensionati siano un bancomat inesauribile di risorse!

Fonte: PensioniOggi

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