Pensioni Disoccupazione giovanile oltre 40% effetto Legge Fornero 2011?

Si fa un gran parlare che l’economia italiana abbia dato esiti positivi in crescita,  però scorrendo le varie testate giornalistiche si evince che la disoccupazione è una piaga sempre aperta, specialmente la disoccupazione giovanile che supera il 40%, una piaga che non si risolve per essere chiusa e questo probabilmente è dovuto all’effetto negativo della Legge Fornero 2011, l’innalzamento dell’età pensionabile ha penalizzato sia i lavoratori che i giovani non essendoci più la staffetta generazionale e di conseguenza il mondo del lavoro ha la porta sbarrata per l’occupazione giovanile, ragion per cui i giovani si vedono costretti ad emigrare per avere un proprio futuro, ma sarà solo l’effetto negativo della Legge Fornero 2011 nel determinare tutto ciò? 

Altre cause si possono attribuire a questo stato deplorevole del mondo del lavoro, uno statuto del Lavoratore non rispettato in alcune sue parti, ad una immigrazione selvaggia, ad una imprenditoria che ha preso il largo dall’Italia per l’elevato costo della mano d’opera e oneri fiscali, a leggi e contro leggi che non proteggono ne’  il lavoratore né le aziende che preferiscono emigrare verso Paesi più convenienti, alla fiscalità burocratica italiana che taglieggia e non induce a promuovere nuove attività lavorative autonome, una serie di concause che ovviamente si riversano su chi cerca una occupazione stabile e sicura.

Leggiamo i dati relativi alla disoccupazione e occupazione in Italia,  pubblicati sull’articolo di La Repubblica:

Tasso inattività 15 – 64 anni: 34,8
Tasso disoccupazione: 12
Istat
Occupati in crescita. I dati pubblicati oggi consentono di tracciare un primo bilancio sull’andamento del mercato del lavoro nel corso del 2016. A dicembre ci sono 242mila occupati in più del dicembre 2015 (+1,1%), mentre sono rimasti di fatto invariati su novembre (+1.000). Su questo numero positivo influiscono da una parte i 266mila lavoratori dipendenti in più censiti dall’Istat, mentre gli autonomi sono scesi di 24mila unità. Si conferma il rallentamento degli effetti benefici degli sgravi contributivi: a tirare la crescita dei dipendenti è infatti il tempo determinato con 155mila occupati in più contro i 111.000 a tempo indeterminato.
“Anziani” favoriti. A conferma degli ultimi trend censiti, emerge che l’aumento dell’occupazione riguarda soprattutto gli over 50. Nelle classi tra i 15 e i 49 anni, infatti, complessivamente il numero degli occupati si è ridotto di 168mila unità nel 2016 (-149mila solo nella classe tra 39 e 49 anni) mentre tra gli ultracinquantenni gli occupati sono aumentati di 410mila unità. Nell’arco dell’anno passato, comunque, il tasso di occupazione cresce in tutte le classi di età con variazioni comprese tra +0,1 punti percentuali per i giovani di 15-24 anni e +1,8 punti per gli ultracinquantenni. Cresce anche quello di disoccupazione, ad eccezione che per gli ultracinquantenni.
L’Istat aggiunge in questa rilevazione un ulteriore dettaglio sulla scomposizione dei dati per classi d’età, anticipato nei giorni scorsi da Repubblica. Gli statistici spiegano che “sul calo degli occupati di 15-49 anni (-168 mila unità) influisce in modo decisivo la diminuzione della popolazione in questa classe di età”. Di fatto, è colpa anche dell’invecchiamento della popolazione: “Al netto della dinamica demografica la performance occupazionale risulta positiva (+76 mila unità), con un aumento del tasso di occupazione. Tra i 50-64enni, al contrario, la crescita demografica contribuisce ad accentuare la crescita dell’occupazione determinata dalla sempre più ampia partecipazione al lavoro.

Rebus giovani. Dopo l’ultimo segnale di crescita, registrato a novembre, l’Istat lancia ancora numeri preoccupanti per gli under 25. A dicembre il tasso di disoccupazione giovanile, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi, è cresciuto come detto di 0,2 punti al 40,1%. Se si considera che la maggior parte dei ragazzi di quell’età sta studiando, l’incidenza dei giovani disoccupati sul totale di quella popolazione è del 10,9%: significa che più di un ragazzo su dieci è a casa. Se si guarda al dettaglio delle altre fasce d’età, aggiunge l’Istat, la disoccupazione cala tra i 25-34enni (-0,9 punti), mentre aumenta nelle classi 35-49 anni (+0,1 punti) e 50-64 anni (+0,4 punti).

Salgono anche persone in cerca e disoccupati. Sempre nel raffronto sul dicembre del 2015, si registra una crescita della ricerca di lavoro: calano gli inattivi (-3,4%, pari a -478 mila), ma visto che le aziende non riescono ad assorbire per intero l’offerta di lavoro aumentano anche i disoccupati (+4,9%, pari a +144 mila).

Il raffronto pre-sgravi e Jobs Act. E’ interessante confrontare i dati pubblicatioggi dall’Istituto di statistica con quelli relativi alla prestazione del mercato del lavoro italiano nel 2014, prima cioè che il governo Renzi avviasse gli sgravi contributivi per le assunzioni stabili (partite da inizio 2015) e la riforma del Jobs Act con le relative tutele crescenti e – tra le altre cose – il depotenziamento dell’articolo 18 (7 marzo 2015).”

Fonte:La Repubblica

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